Il Monumento
Il Monumento eretto agli Eroi e ai Martiri del 1480
Il Monumento eretto agli Eroi e ai Martiri del 1480 ed inaugurato il 3 dicembre 1922
1) Iniziativa per un monumento sul Colle della Minerva L’Italia reale – Lunedì 8 aprile 1907 – Torino – per un monumento Nazionale in Otranto
In nessuno dei testi di storia e geografia, diffusi per le Scuole elementari e secondarie del Regno, si trova menzione dell’eroica resistenza opposta da Otranto alla formidabile armata di Maometto II, né del martirio fortemente, santamente incontrato dai suoi abitanti, anzichè aver salva la vita calpestando la croce e cingendo il turbante.
Gloriose certamente furono Asti, Tortona, Alessandria, Ancona, Milano e tutti gli altri comuni italiani che combatterono contro l’imperatore Barbarossa, ma gloriosissima deve essere considerata quella città che, subendo tutta la rabbia del feroce nemico del nome di Cristo, fu causa che ne restasse preservata molta parte d’Italia. Si decantano gloriose le le cinque giornate di Milano nel marzo 1848 e le dodici giornate di Brescia nel 49 contro i tedeschi: or perché non almeno altrettanto gloriose riconoscere le quindici giornate di Otranto del 1480?
In Brescia e Milano furono eretti monumenti ai caduti per la patria perché non ne sorgerebbe uno in Otranto in onore dei mille e mille caduti pugnando per la Patria e per la Religione? Perché dimenticato è ancora il debito di gratitudine che ha l’Italia verso di loro?
Ma ecco finalmente giunto il tempo opportuno. Un nobile grido è partito dalla forte Otranto, un fervido appello al sentimento di Patria e religione degli Italiani vien rivolto da un Comitato ivi costituito da egregi personaggi, sotto la presidenza dell’Ecc.mo Arcivescovo Mons. Gaetano Caporali e dall’Ill.mo signor Sindaco Tommaso Villani.
Scopo del Comitato è raccogliere da ogni parte oblazioni per innalzare un monumento nazionale sopra il colle che fu intriso del sangue di ottocento martiri cittadini (omissis).
Maometto II, che in Santa Sofia di Costantinopoli aveva spinto superbamente il cavallo, che poi avrebbe mangiato la biada, com’egli diceva, sull’altare di San Pietro a Roma, ordinò ad Acomat d’assalire le coste d’Italia con una flotta di 90 galere portando 18mila guerrieri.
Una tempesta voltò l’armata turchesca da Brindisi a Otranto, nelle cui acque comparve il 28 luglio del 1480. Dato fondo nel porto e nella rada, dove mancavano artiglierie per impedire lo sbarco, i Turchi si attendarono presso le mura.
L’Ammiraglio Acomat mandò tosto ad intimare ai cittadini d’aprirgli le porte della città, giacchè veniva a prenderne possesso a nome del suo signore. Essi risposero non voler altro Re che quello dato loro da Dio.
Sdegnato Acomat fece subito disporre le artiglierie pel bombardamento che durò fino all’11 agosto, giorno in cui i turchi irruppero nella città menando orribile carneficina di uomini, donne e fanciulli.
Il giorno 12 Acomat fece cessare la strage e ordinò che tutti i progionieri gli fossero condotti innanzi. Erano ottocento. Allora chiamato un ulema che era (orribile a dirsi) un prete rinnegato, calabrese di patria e Giovanni di nome, ordinava che cercasse ogni argomento per indurre i prigionieri a farsi Maomettani. Ma a nulla valsero le lusinghe, né le minacce dell’apostata. Viva Gesù, Viva Maria, fu il grido del principale fra i cittadini, antonio Primaldo, grido da tutti ripetuto.
Sperando tuttavia indurli alle sue voglie, Acomat indugiò l’esecuzione capitale fino al 14. Ma i fervorosi cristiani di Otranto, invocata la Santissima Vergine, di cui era la vigilia dell’Assunzione, stettero saldi a confessare la fede di Gesù Cristo.
Allora per ordine di Acomat questi invitti confessori furono condotti sulla spianata della collina, e spogliati nudi, con un capestro al collo, aggiogati a coppie, con le braccia legate dietro la schiena, in tanti drappelli di cinquanta, vennero spinti al monte della Minerva, che poi fu detto Monte dei Martiri, perché ivi tutti furono decollati dalle mussulmane scimitarre.
Lo spettacolo dell’imperterrito coraggio dei Martiri commosse uno de’ carnefici, detto Berlabei, il quale illuminato dalla divina grazia si dichiarò cristiano, e fu a sua volta condannato e subì l’orrendo supplizio del palo.
I corpi de’ Martiri d’Otranto restarono insepolti, ma Iddio li serbò incorrotti e tali li trovava il Duca Alfonso d’Aragona quando col conte d’Arena si accinse a liberare la città. Dopo essersi inginocchiato su quella collina intrisa di sangue dei martiri, diè ordine che, raccolti i loro corpi, venissero sepolti in una chiesa alle falde della collina, chiesa detta allora del Fonte della Minerva.
Nel 1482 veniva edificata nella cattedrale un’apposita cappella, dove i Martiri vennero trasferiti e la cappella fu detta dei Santi Martiri d’Otranto, e qui cominciò il loro culto religioso.
Ecco l’appello del Comitato per la erezione di un Monumento Nazionale in onore dei cittadini e Martiri di Otranto sul colle della Minerva, detto anche dei Martiri.
Là appunto i sottoscritti vogliono spargere i fiori dell’affetto e della gratitudine d’Italia e di tutte le nazioni, erigendovi – mercè l’opera dell’illustre artista commendatore Antonio Bortone – un grandioso monumento; il quale di fronte a’ picchi nevosi del mondo mussulmano, biancheggianti sull’opposta sponda dell’Adriatico, si aderga, quale vera, solenne, imperitura affermazione di fede e patriottismo.
V.S. si degni di venire in loro aiuto nel compimento di detta opera altamente patriottica e civile; e così farà anche Lei opera di carità e di civiltà.
Otranto, marzo 1907 = Comitato esecutivo = Presidente Gaetano Caporali, Arcivescovo di Otranto – Tommaso Villani, Sindaco – Giuseppe Milo, assessore – Domenico Papaleo, assessore – Canonico Salvatore Massaro – Canonico Francesco Maiorano – Sacerdote Fedele Pisino – Sacerdote Cesare Panareo – Sacerdote Umberto Pedone.
Inaugurazione del monumento eretto al Lungomare degli Eroi: 3 dicembre 1922
Alla presenza del Principe ereditario Otranto inaugura il monumento ai suoi eroi
Da parecchio tempo si aspettava l’inaugurazione solenne del monumento che la Città di Otranto e gli italiani con a capo S.M. il Re, con pubbliche offerte vollero innalzare ai caduti per la Patria e per la Religione del 1480, opera artistica del’insigne scultore A. Bortone, riprodotta quattro anni or sono dal “Corriere d’Italia”. Oggi s’è potuto realizzare il desiderio della Città e dello scultore con l’intervento di S.A.R. il Principe ereditario Umberto di Savoia. Fin dalle prime ore del mattino la città è stata imbandierata e l’animazione è stata particolare specialmente pel concorso di moltissimi forestieri.
Furono alla stazione ferroviaria per ricevere il Principe proveniente da Lecce il sindaco di Otranto (Avv. Pio Bruni) con la giunta municipale, S.E. l’ammiraglio Thaon de Revel, ministro della marina, venuto espressamente da Roma la sera precedente, l’on. Senatore Chimienti ex ministro delle poste e telegrafi, il nobil uomo Acquaviva, duca di Noci, discendente da Giulio Acquaviva, comandante caduto nella difesa di Otranto nel 1480, il comm. P. Maggiulli, deputato provinciale di Otranto, i sindaci del mandamento, il nob. R. Garzia, consigliere provinciale, il cav. P. Episcopo, i componenti il comitato esecutivo e molte altre personalità insigni della provincia. Appena giunto il treno reale alle 9.30, il Prefetto della provincia comm. De Carlo ha presentato a S. Altezza il Sindaco della città, che a sua volta ha fatto la presentazione di tutti gli intervenuti. Nella sala d’aspetto, poi il Sindaco ha rivolto a S.A. il saluto della cittadinanza. Accompagnavano il Principe S.E l’ammiraglio Bonaldi, il prefetto della provincia, gli onorevoli Pellegrino, Codacci Pisanelli, generale Tommasi, Troilo, Fumarola, Grassi, Tamborrino Paolo, il sindaco di Lecce, il presidente della giunta provinciale e molti alti ufficiali dell’Esercito e della Marina. Sua Altezza prese posto nell’automobile dell’on. Tamborrino, accompagnato dall’ammiraglio Bonaldi, dal ministro della marina, dal sindaco di Otranto, mentre le altre autorità prendevano posto in altre vetture appositamente preparate. Si formava così un grandioso corteo, cui parteciparono, oltre una folla immensa, numerose associazioni civili fasciste della provincia.
Al Municipio stavano ad attendere Sua Altezza l’arcivescovo di Otranto, il Capitolo della Cattedrale, diversi sindaci del mandamento ed altre spiccate personalità cittadine, le quali venivano presentate dal Sindaco. Questi offrì all’Augusto Principe una artistica pergamena di cui lesse l’indirizzo. Dopo un vermouth d’onore, il Principe accompagnato dall’arcivescovo e da tutti gli intervenuti si recò alla cattedrale tra le acclamazioni della folla, ove ascoltò la messa celebrata da uno dei cappellani della Reale Cappella dei Martiri. In seguito visitò le sacre reliquie che ivi da quell’epoca si conservano ed ammirò il vetusto tempio opera del 1100. Quindi si passò alla Piazza del Monumento per la cerimonia inaugurale (Omissis)
Seguì la benedizione impartita all’insigne opera d’arte dall’Ecc.mo Monsignor Carmelo Patanè arcivescovo di Otranto, il qulae pronunziò la breve allocuzione che segue:
Altezza Reale – il mio venerando predecessore pose la prima pietra ove sorge ora questo monumento: a me è toccato benedire il medesimo. E come privare della benedizione divina cos’insegne opera d’arte? Non è l’arte, come canta il divino Poeta, a Dio quasi nipote? Certamente il sacro rito, se anche celebrato da un semplice sacerdote ed in forma privata nulla avrebbe perduto della sua grandezza e del suo mistico significato perché Dio, Dio solo è grande e soltanto la sua parola ha forza di tutto santificare, come a momenti ho espresso nella preghiera da me recitata. Però la benedizione impartita dalle supreme autorità diocesane nel rito solenne, dinanzi all’Augusta vostra presenza, o Altezza Reale, dinanzi alle rappresentanze del Governo, dell’Esercito, della Marina, del popolo tutto, ad un monumento che rappresenta una grandezza eroica di religione e di patriottismo compiuta cinque secoli orsono assurge ad una importanza speciale. Dice altamente alle generazioni presenti e future che, per volger d’anni e de’ secoli, non cadranno mai in oblìo i sacrifici sostenuti per questi due grandi ideali, religione e patria (applausi) e perenne sarà la gratitudine dei contemporanei e dei posteriori. Ed il passeggero, che si fermerà ad ammirare l’artistico monumento, vedrà nel bronzo e nella pietra il simbolo della fortezza e del sacrificio che si frappongono al compimento del nostro dovere pel pubblico bene e per sopportare intrepidamente i mali che ne possono derivare; fortezza e sacrificio che ebbero gli Eroi Otrantini di allora nella Croce che questa simbolica figura stringe forte al suo petto; giacchè è saputo dala storia che Otranto non tanto combattè per evitare la schiavitù turca, quanto per non perdere la fede e la religione dei suoi padri. Laonde se una volta potè ripetersi «Et facere et pati fortia Romanorum est», ai piedi di questo monumento dobbiamo piuttosto dire «Et facere et pati fortia cristianorum est».
Altezza Reale, prima di deporre i sacri paludamenti, lasciate che io, col pensiero del reale Profeta, innalzi una preghiera al Signore affinchè voglia concedere sempre l’alto sentimento della giustizia al Re e al figlio del Re. «Deus iudicium tuum regi et iustitiam tuam filio regis». (Sl. 71,1); e quindi auguro a voi, o Altezza Reale, e credo di rispecchiare il sentimento dei miei diocesani e di tutti gli Italiani, che Voi, emulando le nobili virtù del Vostro Augusto Genitore, possiate emulare anche la gloria (Omissis).
Sua Altezza salutato entusiasticamente dall’enorme folla al suono della marcia reale è ripartito alle 11,30.
Commemorazione civile degli Eroi e dei Martiri Otrantini
Apprendiamo da un discorso del Comm. Michele De silla, podestà di Otranto, che fu il Duca Sigismondo Castromediano, un insigne patriota del Salento, a lanciare nell’ottobre 1877 l’idea di festeggiare con grande solennità civile il quarto Centenario dei Martiri di otranto (1480-1880) Il Duca scriveva al Sindaco di Otranto: «Se la Chiesa Cattolica venera come Santi gli 800 Martiri, noi non dobbiamo rimanere indietro alla Chiesa e dobbiamao venerare anche noi, non solo la eletta falange dei Martiri della fede religiosa, ma anche quella dei Martiri della fede civile.
Se gli Eroi e i Martiri di Otranto cooperarono alla salvezza della Patria, è giusto e doveroso che l’Italia risorta conceda ad essi un posto altissimo nel suo Panteon».
La commemorazione Civile fu celebrata la prima volta sul Colle della Minerva il 14 agosto 1880, giorno della Solennità liturgica dei Bb. Martiri ed anno del loro centenario.
Dopo pochi anni questa Commemorazione andò in disuso.
È stata ripristinata nel 1936, quando il Comm. De Silla assunse la carica di Podestà di Otranto, con la variante della data, il 13 agosto, e del luogo della cerimonia, al Monumento, tra l’azzurro del mare e le antiche mura, ai piedi dell’Eroica Donna che stringe al suo petto la croce e la bandiera, Dio e l’Italia, Religione e Patria.
Dal 1936 sino ad oggi, la commemorazione viene svolta puntulamente ogni anno, con la partecipazione di autorità religiose, civili, politiche e militari ed un pubblico numeroso, proveniente da ogni parte d’Italia, a motivo del periodo estivo di ferie.
Da “Santi nostri e feste”
Editrice SalentinaMons. Paolo Ricciardi